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Come gestire le emozioni sul lavoro

Le nostre emozioni sono sempre utili, possono essere piacevoli o spiacevoli, ma sono sempre utili perché ci aiutano, se analizzate correttamente, a capire in che cosa crediamo.

Ognuno di noi, infatti, è come se guidasse una macchina senza averne letto il manuale di istruzioni per l’uso, questa macchina è il nostro corpo e la nostra mente, che ne è un sottosistema.

Così come è pericoloso mettersi alla guida di un’auto che non si conosce senza aver dato un’occhiata al libretto d’uso e manutenzione e senza aver fatto un po di pratica del suo funzionamento è altrettanto sconsigliato provare a guidare se stessi nella propria vita senza conoscere i propri meccanismi peculiari di funzionamento.

Il problema che non abbiamo un libretto d’uso e manutenzione personale da studiare prima, si può (e si deve) superare proprio attraverso le preziose informazioni che le nostre emozioni ci forniscono su noi stessi.

Purtroppo moltissime persone si limitano a condurre un’esistenza ad un livello di scarsa autoconsapevolezza, in poche parole si limitano meramente a cercare di accumulare più emozioni piacevoli possibile ed eliminare il più possibile le emozioni spiacevoli dalla loro vita, senza chiedersi quasi mai: “Cosa dice di me questa emozione?”.

Le emozioni piacevoli, infatti, nascono da situazioni in cui un nostro “valore” (qualcosa a cui noi attribuiamo importanza) viene gratificato; le emozioni spiacevoli scaturiscono da situazioni in cui un nostro valore viene mortificato.

La stessa identica situazione può risultare piacevole per qualcuno e spiacevole per qualcun altro, si pensi, ad esempio quando si viene avvicinati da una persona attraente che ci fa delle avance, se il sesso è un valore prioritario per noi la cosa ci genererà emozioni piacevoli, se sono prioritarie per noi la fedeltà o la castità, ecco che lo stesso evento darà luogo ad emozioni spiacevoli per noi.

Come possiamo, quindi, gestire al meglio le emozioni sul lavoro e fuori?

Attraverso il coaching professionale ci si allena dapprima a riconoscere con precisione le proprie emozioni ed il loro modo di manifestarsi nel nostro corpo (alfabetizzazione emozionale), sin dai loro primissimi segnali.

Poi si passa ad interpretarle, chiedendosi cosa possiamo capire di noi grazie a quella emozione (interpretazione emozionale), qual è il valore in cui credo che viene gratificato o mortificato quì, quali sono i fatti e la storia a loro interpretazione che mi sto raccontando (Fatto + Storia = Emozione).

Invece di fare un balzo in avanti ed agire semi-automaticamente, quali sono i miei valori, quali i miei obiettivi, in questa interazione e quali altre opzioni ho rispetto alla azione automatica che la mia mente mi propone come “pilota automatico” della mia vita (gestione emozionale)?

Solo se mi sarò allenato a gestire costruttivamente ed al meglio le mie stesse emozioni (intelligenza emozionale) potrò, poi, cimentarmi con successo nel gestire costruttivamente ed al meglio, le emozioni dei team e delle aziende di cui faccio parte e/o che guido, riuscendo ad esprimere una leadership che risuoni emozionalmente nelle altre persone e che permetta a tutti di raggiungere risultati collettivi ottimali (intelligenza sociale).

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