In molte aziende sono ormai entrati nella terminologia comune parole come Coaching, Coaching Skills per Manager, Intelligenza Emotiva, Intelligenza Sociale.
Non è ancora molto chiaro, tuttavia, alla grande platea di possibili utilizzatori di queste tecniche quale sia il loro effettivo valore aggiunto rispetto alla quotidiana attività di gestione dei team di lavoro.
In aggiunta si assiste anche ad un certo proliferare di proposte formative che, a fronte di un offerta di training sostanzialmente invariata, si danno una “facciata” più moderna ed “alla page” autodefinendosi Coach di qualcosa o qualcuno, piuttosto che insegnanti o trainer; un esempio eclatante ne sono i vari “Coach Linguistici”, insegnanti di lingue che rinunciano alla nobile definizione di insegnante per inseguire quella più alla moda di coach.
E’ necessario pertanto sgombrare subito il campo da questo tipo di equivoci: tutte le volte che insegno qualcosa a qualcuno, passandogli modelli, informazioni, istruzioni, ecc, non sto facendo coaching ma training, attività assolutamente necessaria nelle aziende e propedeutica al coaching.
Tutte le volte che aiuto qualcuno o un team a trovare la sua personale strada di sviluppo per il successo, basata sui suoi personali punti di forza e adattata al suo contesto di riferimento, alle sue risorse interne ed esterne ed in piena consapevolezza dei punti deboli presenti, allora (e solo allora) sto facendo coaching.
Come si vede l’attività di training è assolutamente propedeutica al coaching, in quanto il coaching ti aiuta a costruire la tua personale modalità d’uso delle informazioni/nozioni in tuo possesso adattandola in maniera eccellente al tuo personale contesto vitale.
Premesso quanto sopra, a me, come manager di un team, a cosa possono servire il Coaching e l’Intelligenza Sociale?
Servono a gestire e sviluppare al meglio i rapporti che ho con:
- Clienti
- Colleghi
- Collaboratori
- Se stessi
- Capi
Rapporti con i clienti
Molti training, basati sulla PNL (Programmazione Neuro Linguistica) sostengono che l’utilizzo esperto del ricalco delle preferenze sensoriali del cliente (visivo, uditivo, cinestesico) sia sufficiente per creare quella desiderata “sintonia” con l’interlocutore che permetta poi di “guidare” il cliente verso la condivisione delle nostre proposte.
Questo è, in realtà, assolutamente parziale ed insufficiente per creare una sintonia con il cliente, un approccio da coach, socialmente intelligente, può portare molto molto più lontano nella creazione di una relazione con il cliente (e con il manager) fruttuosa e di reciproca soddisfazione.
Il Coach si allena costantemente nell’arte di porre domande “potenti”, ovvero domande che scevre di qualsiasi bias giudicante, aiutino rapidamente a definire con esattezza la situazione attuale, lo stato desiderato e le opzioni percorribili per arrivarci (sull’eliminazione del bias giudicante e sul porre sotto controllo il proprio ego per eliminarne le interferenze i manager coach hanno molta pratica da fare) .
Alle domande potenti il coach abbina l’ascolto contestuale, dove si percepisce sia quello che viene detto esplicitamente, sia quello che non viene detto con le emozioni connesse.
Il coach, durante una sessione, parla per circa il 20% del tempo e l’80% circa di quello che pronuncia sono domande (il restante 20% è prevalentemente feedback su quanto osservato).
Si comprende subito, quindi, che con questo approccio il focus è totalmente sulla scoperta della “mappa mentale” del cliente, sui suoi bisogni, le sue esigenze espresse e non espresse (fondamentali nella vendita relazionale).
Tra l’altro, questa attenzione assoluta viene percepita dal cliente e contribuisce a farlo sentire ascoltato, rassicurato e “coccolato”, contribuendo in modo determinante alla rapida e duratura costruzione di un forte rapporto con il cliente stesso.
Se a questo si unisce la conoscenza dei tipi di personalità/stili comportamentali che possiamo incontrare (es. Direttivo, Espressivo, Amabile, Analitico) e la conoscenza delle tecniche di persuasione base, siamo certi di puntare nella giusta direzione, verso la creazione di una relazione forte e proficua.
Utilizzando questo approccio si può capire a fondo il cliente, nonché il problema allo studio e questi, unitamente alla fiducia creata da competenza e trasparenza sono i presupposti fondamentali per una efficace vendita relazionale, per il repeat business e per il cross selling, basata sulla efficace orchestrazione di Caratteristiche tecniche del prodotto, Vantaggi d’uso, Benefici per ogni specifico cliente, dei prodotti in portafoglio e non sulle sole caratteristiche di costruzione.
Un Bravo manager deve allenare costantemente queste skill e deve svilupparle nel proprio team, per avere successo commerciale.
Rapporti con i colleghi
Molti vivono il rapporto con i colleghi solo su una dimensione di competizione e, così facendo, perdono la possibilità di creare quella sinergia che può essere un propellente non indifferente di sviluppo del business.
Per attivare questa modalità serve passare dall’indipendenza all’INTERDIPENDENZA dove si sfruttano sinergie e si evitano comportamenti disfunzionali da e verso i propri colleghi.
Un approccio di tipo interdipendente, infatti, non si limita a suddividere la torta esistente tra i colleghi, in proporzione al loro impegno ed alla loro efficienza, ma mira a far crescere la torta a disposizione, nell’interesse di tutti.
Anche in questo contesto l’approccio da coach aiuta a minimizzare le dispersioni di energia e massimizzare le sinergie operative, inquadrando al meglio i problemi e ottimizzando le relazioni personali.
Rapporti con i collaboratori
“Sono Wolf, risolvo i problemi!”: questa frase di un personaggio di Pulp Fiction, interpretato da Harvey Keitel, sembra essere anche l’intima convinzione, riguardo al proprio ruolo in azienda di molti manager.
Questo modo di visualizzare il proprio ruolo è, in realtà, la radice di molti problemi sperimentati giornalmente dai manager di team con i propri Collaboratori.
Un approccio da manager-coach, invece, permette di passare da una posizione: “Sono manager, risolvo i problemi!” a “Sono manager, sviluppo le persone ed il business!”
Molti manager, infatti, si appiattiscono esclusivamente sulla dimensione gestionale della loro attività e tralasciano la dimensione dello sviluppo delle persone che sono state affidate loro.
Questo avviene in misura ancora maggiore per team, quali quelli costituiti da promotori finanziari o agenti, a partita iva, dove la tentazione di considerarsi tutti dei battitori liberi è estremamente pronunciata.
Per sviluppare le competenze dei miei collaboratori (nel loro e nel mio interesse) un approccio da coach è fondamentale perché ogni collaboratore va allenato a trovare la propria personale strada per il successo commerciale, quella che passerà per i propri peculiari punti di forza e non per modelli teorici validi erga omnes che non reggono mai la prova “sul campo”.
Rapporto con se stessi
Essere manager ed allenare la propria resilienza allo stress sono tutt’uno.
Non esistono ruoli manageriali stress-free, esistono, però, manager più efficienti, che inquadrano meglio situazioni e persone, che colgono rapidamente i punti chiave delle varie situazioni, allenati nell’utilizzo di uno stile di leadership flessibile e calibrato sulle diverse caratteristiche dei collaboratori e del loro contesto operativo e manager che, viceversa, hanno solo un martello
Se l’unico strumento che hai in mano è un martello, ogni cosa inizierà a sembrarti un chiodo.
Abraham Maslow
Acquisire un approccio da coach aiuterà il manager a sviluppare se stesso ed a crescere, insieme con il proprio team, acquisendo la capacità di porsi obiettivi sempre crescenti come quantità e qualità.
Rapporto con il proprio capo
Last but not least, un approccio da coach aiuterà il manager nella fondamentale gestione della relazione con il proprio capo, evitando fraintendimenti e creando rapidamente un clima di fiducia e mutuo scambio di feedback, come presupposto fondamentale ad un lavoro efficiente e di reciproca soddisfazione.